Dal motore che indicizza al motore che interpreta, fino all’agente che dialoga: la trasformazione non riguarda più solo come cerchiamo, ma perché cerchiamo e a chi ci rivolgiamo per trovare risposte.
Dal gesto istintivo di digitare parole chiave nella barra di ricerca al dialogo iterativo con un’intelligenza che pone domande, interpreta e orienta, la trasformazione che stiamo vivendo oggi non riguarda più (o non solo) l’algoritmo che indicizza, ma il nostro stesso modo di formulare i bisogni informativi, di negoziare il senso delle richieste e di attribuire fiducia a risposte che non si limitano a segnalare link, bensì consigliano e ci guidano nelle nostre scelte. A sancire la portata di questo passaggio non sono solo le impressioni di chi produce contenuti: l’aumento dell’esposizione degli utenti a AI Overviews e la crescita delle ricerche zero-click documentano un cambio di comportamento reale e misurabile.
Per oltre vent’anni abbiamo vissuto in un ecosistema dominato da un procedura semplice: interrogo, scorro, scelgo, clicco, torno indietro e riparto. Oggi questo percorso lineare si è frantumato. Secondo un’analisi della Nielsen Norman Group (2024), infatti, sempre più persone non passano più per la SERP ma restano direttamente nella risposta generata dall’AI, fidandosi di una sintesi pronta e coerente. Allo stesso modo, altre ricerche recenti evidenziano un calo costante del traffico organico verso i siti editoriali, mentre cresce l’interazione diretta con strumenti come ChatGPT, Copilot o Perplexity AI.
Perfino realtà consolidate come Aranzulla avrebbero registrato una contrazione del traffico tra il 20 e il 25%, segnale di una migrazione d’abitudine: le persone cercano dentro la chat, non più dentro il motore.
La differenza non è solo tecnica, è culturale. In un motore di ricerca l’utente formula una query, nella chat AI invece apre un dialogo. Se la domanda è vaga, l’agente chiede chiarimenti. Se la richiesta è troppo ampia, la restringe. Se percepisce un bisogno implicito, lo porta in superficie. In breve: “ragiona” con noi.
Questa nuova dinamica costruisce un percorso, quasi un piccolo processo educativo in cui l’AI interpreta la domanda, identifica le lacune informative, propone soluzioni progressive e, se necessario, corregge man mano il tiro.
È il salto da un “motore che risponde” a un advisor razionale, un consulente digitale che non si limita a informare, ma che ci guida, ci orienta e, sempre più spesso, sceglie per noi.
Il punto cruciale, infatti, sta proprio qui, dove la ricerca è diventata col tempo un processo di negoziazione e non più un semplice atto di consultazione. Adesso l’AI prova a capire chi sei, cosa ti serve, quali obiettivi hai. E, in base alle informazioni che raccoglie, propone percorsi, soluzioni, alternative.
Per chi, come noi, produce contenuti, questa rivoluzione ha delle profonde conseguenze sul nostro modo di impostare il lavoro.
Non serve più una pagina ottimizzata per una keyword, lunga X parole, con metatag e densità calcolate al millimetro. Oggi bisogna costruire contenuti leggibili e interpretabili dalle AI, capaci di comunicare identità, autorevolezza, contesto e valore.
Ricerche sul tema della Generative Engine Optimization (GEO) mostrano che le nuove piattaforme valutano sia la pertinenza semantica di un testo, sia la chiarezza del suo scopo, sia la coerenza e autorevolezza del brand che lo firma.
In poche parole se il tuo contenuto è utile, chiaro, affidabile e coerente con una precisa identità, l’AI tenderà a includerlo o citarlo come riferimento.
A questo punto entra in gioco, più che mai, un elemento decisivo: la strategia di posizionamento del brand nel proprio contesto competitivo.
Perché un brand che comunica in modo frammentario, senza una direzione chiara, oggi rischia semplicemente di sparire dal radar, o meglio, dal filtro invisibile delle intelligenze artificiali. E non perché non sia indicizzato, ma perché non è ben interpretabile.
Se quindi il racconto del tuo brand è debole, confuso, frammentario, contraddittorio, puoi anche essere perfettamente ottimizzato dal punto di vista tecnico, ma non sarai mai tra i consigliati.
Pensiamo a una situazione reale e proviamo a fare un esempio concreto: un utente cerca “Come migliorare la comunicazione del mio brand”. Fino a qualche anno fa gli avrebbe risposto Google con una serie di guide, tutorial SEO, software di marketing o liste di strumenti. Oggi, invece, una chat AI interpreta la sua richiesta e prova a capire il senso reale della domanda che viene posta: forse non ti serve un nuovo strumento, ma un riposizionamento e tenderà quindi a consigliarti non il sito con la keyword giusta, ma l’agenzia o il professionista che comunica con chiarezza la propria identità, che mostra metodo, casi concreti, valori. In pratica, chi dimostra di sapere chi è e cosa fa.
In un contesto in cui non basta più essere trovati, ma bisogna essere capiti, serve un’agenzia capace di leggere tra le righe del tuo brand, di cogliere i bisogni espressi, quelli latenti, perfino quelli che non sapevi di avere e tradurli in una strategia chiara, coerente e riconoscibile che valorizzi il marchio.
In Zaki lo facciamo ogni giorno: studiamo, analizziamo, riposizioniamo, progettiamo identità e linguaggi che permettono ai brand di dialogare davvero con le persone, con i mercati, con le intelligenze che li consigliano per poter diventare la risposta giusta.
Che sia storico o tutto da costruire,
lavoriamo alla migliore comunicazione per il tuo brand.